mercoledì 21 aprile 2010

ESSERE FIGLI DEI FIORI

Il periodo che oggi viviamo, agli inizi del 3° millennio, sta diventando vorticoso, volutamente vorticoso, talmente vorticoso da non farci più riflettere sulle cose che ci capitano intorno. La vita sociale negli ultimi 30 anni è diventata una continua corsa verso il nulla di proprio, di autentico, vissuto, partecipato, dedicato. La televisione ed il sistema della mercificazione delle idee prima che delle merci, sta lasciando sulle strade del futuro carcasse di poesie tragiche, di film catastrofici, di violenza gratuita, di fame e povertà, di allontanamento dalla realtà. Stiamo diventando spettatori, stiamo imparando a delegare, a creare miti pur di non muoversi, abituati al nostro falso benessere, seduti sulla nostra poltrona a seguire le reti tv o il blog di riferimento del momento. Continuiamo a dire: “la storia siamo noi”, ma non ci rendiamo conto che non facciamo più la storia, la storia la fanno ora le lobby televisive, e qui in Italia ne sappiamo qualcosa, con Berlusconi, Presidente del Consiglio e di Mediaset, con i conseguenti conflitti di interesse che non gliene importa a nessuno. Oggi poi, sotto i nostri occhi, sotto forma di nuova libertà, sta nascendo il nuovo impero, quello web, controllato da Google e Facebook, che detengono la più grossa banca dati del mondo. E tutti noi ne facciamo parte, e invece non abbiamo la stessa rete nella nostra città.
La verità è che non siamo più in grado di riprenderci la vita, quella sociale, quella che ci ha portato a grandi battaglie sociali, come la legge 194, l’apertura dei manicomi, il divorzio, l’aborto, il no al nucleare, e tanti altri diritti, che ancora oggi, per nostra fortuna, resistono. Ma per quanto? E quando capiremo che la storia ha bisogno della partecipazione sociale per crescere ancora? Il fallimento del sistema capitalistico è sotto gli occhi di tutti, svuotare le banche, farsi prestiti, pur di apparire, di vivere sopra i nostri reali bisogni, solo per arricchire i grandi mostri del nostro tempo, che cosa ha portato? Alla distruzione della classe media italiana, ad esempio, e alle divisioni accentuate fra la classe borghese e il povero operaio. La nostra classe politica è stata sopita per 30 anni, ha lasciato che le imprese entrassero a governare lo Stato, come una sorta di azienda, dove se c’è guadagno va bene, altrimenti, si licenzia, ed ora non sa più come riprendersi la sua stessa vita, partecipazione sociale, ora che ha assistito al fallimento del capitalismo, si arraffa per dire che esiste, ma non dice niente alla gente, niente di tangibile. Ci sono stati momenti dove si poteva fermare questo sistema, almeno rallentarlo, proponendo la scala mobile, garantendo i salari, risolvendo il conflitto di interessi. Invece legge Biagi, precariato, licenziamenti, cassa integrazione sono stati temi tutti persi, senza neanche battagliare, questa è stata la fine della storia della Italia, quella figlia dell’Articolo 1 della Costituzione, sempre bistrattato e mai difeso energicamente. Quella carta scritta sulle montagne da italiani, partigiani, morti per la nostra libertà, oggi è una carta che sembra facile cestinare, specialmente per le nuove generazioni, e sembra non portare con se rivoli di sangue intriso della nostra stessa libertà. Oggi noi dobbiamo riprendere la via della partecipazione sociale e riprenderci la strada. Dobbiamo essere per le vie del mondo, abbandonando le televisioni, i social network, e partecipando alla vita delle nostre città. DAL VIVO. Rifare l’Italia partecipata.
Nella strada ci sono molte sensibilità, molte energie che si muovono per dare respiro e vita a questa terra. Qualcuna crea dolore e tristezza, altre passano inosservate e sembrano insignificanti, mentre si portano con orgoglio avanti nel dolore insito nella vita stessa. Nella convivialità delle differenze c’è la bellezza della convivenza, che è qualcosa di più della tolleranza. Per strada si capisce che non bisogna mai rinunciare alla fede, agli ideali, alle battaglie per i diritti sociali, si vive che bisogna credere di più nella rivoluzione che è in noi stessi, nella conversione permanente, di confidare che Dio saprà capire anche quelli che credono di non esistere. Oggi, disimparato l’odio, bisogna ricredere nell’amore, nei figli dei fiori, nei naturalisti, nelle feste in campagna, nelle manifestazioni per difendere il nostro ambiente,
sentire la tutela della vita, la difesa del vivente, dire basta alla mercificazione e alla privatizzazione della vita. Il tema fondativo del futuro è la costruzione della vita nelle forme di comunità. Come si è sempre fatto in passato nelle nostre famiglie, bisogna ricreare il clima della familiarità dei rapporti, dell’aiutarsi a vicenda, del donare, dell’allevare, accudire, ascoltare, amare.
E bisogna ritornare a noi stessi, alla nostra più grande ricchezza, il nostro cervello, alle nostre risorse, i nostri sensi, sentirsi il centro dell’universo, facenti parte del vento, del sole, dell’acqua, della terra, nel bene e nel male, nella vita terrena e nell’aldilà. Noi siamo eterni, diamo ogni giorno qualcosa di noi, la nostra vita. Non è vero come ci dice la cultura imperialista che siamo poveri. Non è vero che si nasce poveri, e come dice Don Tonino Bello, si può nascere poeti, non poveri, poveri si diventa. Cambiare modo di vedere il nostro sociale non è difficile se si prova. Farsi portatore di pace, di messaggi sociali non deve significare disprezzo della attuale visione capitalistica della ricchezza, bisogna rispettare le idee altrui, ma esporre le nostre. Significa accendere una fiammella più che parlare del buio della falsa ricchezza del capitalismo, e far prendere coscienza a tutti della realtà sociale che sta oltre. Significa divenire esempio della "ulteriorità", prima che condannare, imparare ad annunciare. Rinunciare alla ricchezza per essere più liberi. La filosofia interpreta i beni della terra come palla al piede che frena la speditezza del passo, come catena che ti impedisce di volare.
Chi vuole riprendersi la vita sociale, la sua dimensione felice e naturale, deve rinunciare alla cultura del benessere, deve alleggerirsi dei "tir" delle stupide sicurezze materiali, deve essere portatore di progetti sociali. Di fronte alla decadenza della cultura a favore del materialismo più sfrenato, davanti alla ingiusta distribuzione delle ricchezze, non si può tacere. E non si può tacere dinanzi allo spreco che porta il consumismo, alla distruzione delle risorse ambientali, alla distruzione della natura. E bisogna gridare contro quelle economie che riducono a cenere e guerra intere nazioni, che provocano la morte per fame di cinquanta milioni di persone all'anno, mentre per gli armamenti si impiegano cifre enormi e si lascia solo desolazione e guerra.La nostra ricchezza invece deve essere la condivisione della sofferenza altrui, che si fa protesta, stimolo, proposta, progetto.
La storia sembra ripetersi, come nel XIII secolo, quando ci fu uno spirito di riforma volto contro la corruzione dei costumi degli ecclesiastici del tempo, troppo coinvolti negli interessi materiali e politici, nella sanguinosa lotta alle investiture. Allora ci fu la fioritura delle ricche città stato che, se da una parte arricchì una parte del popolo, determinò la formazione di quei ricchi ceti mercantili che acquistava potere a scapito della vecchia nobiltà feudale, facendo della vita metropolitana il centro della civiltà, pur lasciandovi dentro larghissime fette del ceto contadino più indigente. Disuguaglianza sociale feroce, ma anche crisi dell'assetto sociale medievale che vide coinvolto Francesco d’Assisi in prima persona mentre esercitava la professione di mercante. E con la sua figura rinacque lo spirito di fratellanza, di povertà, di convivialità. Ecco, oggi dobbiamo imparare dalla storia, medioevale e moderna, e farne un motivo in più per riprenderci l’amore, la natura, la libertà, il lavoro, la dignità, la centralità della nostra esistenza. Il Tao, simbolo dell’unicità del mondo nelle sua bivalenza, simbolo per antonomasia di Francesco, deve ricordarci una grande verità: la nostra vita, salvata e redenta dall'amore, deve diventare, ogni giorno di più, vita nuova, vita donata per amore. Portando questo segno viviamone la spiritualità, rendiamo ragione della "speranza che é in noi", ci riconosciamo portatori di vita e amore.

Pino Ciraci

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