sabato 22 novembre 2008

Taranto, ILVA, Diossina, Tumori, Morti

Dopo troppi anni di distrazione da parte dello stato e delle amministrazioni locali, le vicende relative all’Ilva hanno raggiunto le cronache nazionali.
Una recente proposta di legge della Puglia, portata avanti da Vendola, si propone di abbassare entro il 2010 il livello di produzione industriale di diossina dall’attuale “consentito” di 10 nanogrammi al metro cubo al limite di 0,4 nanogrammi (come da legge europea).
Per quanto sia già scandaloso che una regione italiana, per la tutela dei propri abitanti, è costretta a proporre una legge speciale per far rispettare ciò che è già legge a livello europeo, è ancora più deprimente il fatto che il Ministro dall’Ambiente Prestigiacomo affermi l’impossibilità di approvare la legge, per non mettere in condizione l’Ilva (responsabile dell’inquinamento) di “chiudere in 4 mesi“, riproponendo quelli che già da anni sono i fondamenti del ricatto occupazionale che incatena Taranto: perchè è cosa buona e giusta dare lavoro a 12.000 persone, pur assassinandone lentamente 200.000 da anni!
In maniera assurda il Ministro Prestigiacomo ha anche deciso di rimuovere i tecnici antidiossina dell’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) accusandoli di inefficienza. Dura, ma inascoltata, la replica di Vendola: “Il Ministro ha mentito e le sue parole ci confermano quanto questo governo sia inaffidabile sotto il profilo della tutela ambientale”. Secondo il pensiero liberale di Berlusconi, bisogna dare potere e soldi agli imprenditori, e fame e morte ai poveri operai.
Ma a Taranto qualcosa si muove: l’ignoranza che anni fa regnava su queste tematica gradualmente sta facendo spazio all’informazione, ed i tarantini sempre più si sono accorti di avere in casa da anni uno dei problemi ambientali più gravi d’Europa coi mortificanti dati sull’inquinamento e sull’incidenza di malattie e morti annesse.
Ecco perché sempre più spuntano sui balconi di Taranto degli striscioni per far capire che di diossina si muore veramente e a Taranto se ne respira il 92% di quella immessa in tutta Italia!
Chiudere l'Ilva, o almeno l'acciaieria e la cokeria, da cui provengono gran parte delle emissioni inquinanti è la proposta del comitato Taranto Futura, promotore del referendum che potrebbe tenersi a giugno del 2009. L'aumento delle malattie e dei tumori in città, soprattutto fra i bambini, fa spavento. La storia del bambino tredicenne a cui è stato diagnosticato un cancro ‘da fumatore’ è simbolo della situazione di emergenza che vivono i tarantini. Lo sanno bene i medici, che ogni giorno lottano contro questa realtà e lo sa bene il dr. Mazza, primario di Ematologia dell’Ospedale di Taranto che ha diagnosticato al bambino l’adenocarcinoma del rinofaringe, una patologia riscontrata solitamente in adulti e anziani fumatori. Il sindaco di Taranto, Ezio Stefàno dice: «Sono un medico. Mi sono laureato con una tesi sull'epidemia di cancro ai polmoni a Taranto. Ho fatto l'Assessore all'Ambiente. Come si può pensare che la questione non mi interessi?».
Infatti appena insediato il sindaco incontrò Riva e lo incalzò sull'uso dell'urea, sostanza che agisce positivamente sulla produzione di diossina. Per alcuni mesi Riva si è adeguato e per la prima volta in 40 anni abbiamo visto ridotta la diossina del 50%. Ora, a spiriti sopiti, il trattamento è stato sospeso. Analizzando un pezzo di formaggio della zona di Statte si è notato che supera per tre volte i livelli di diossina consentiti. Per cui il danno ha coinvolto anche le masserie e aziende agricole vicine al polo siderurgico. «Siamo lavoratori anche noi», spiegano i proprietari di una masseria di 40 ettari della zona. 1200 pecore saranno abbattute nel tarantino per contaminazione da diossina.
Ma è possibile cancellare il polo siderurgico più vasto d'Europa? L’inquinamento fa paura, ma parliamo di 12.000 dipendenti. L’economia di Taranto dipende dall'Ilva.
Per Vendola chiudere l'Ilva significa ignorare la lotta contro la povertà e il richiamo malavitoso che riguarda ogni giorno i tarantini.
Legambiente rilancia: «la partita da vincere è quella della certificazione Aia, l'Autorizzazione Integrata Ambientale, ma la Prestigiacomo non la pensa così, come abbiamo visto.
L'Europa chiede entro marzo l’impegno a utilizzare le migliori tecnologie per ridurre i danni ambientali. Per la prima volta anche l'Ilva è obbligata a presentare una documentazione sull'adeguamento degli impianti. Ma sarà un documento falso, perché Riva per le sue statistiche controlla solo 8 acciaierie o cokerie su 278 dell’Ilva.
Intanto nel quartiere Tamburi, tutti hanno un parente, un amico, che è morto per tumore, ma chiudere l'Ilva sembra a molti una solo una favola, se non una bestemmia.
Bisogna respirare, ma bisogna pure mangiare.
E l’Ilva, l’impianto siderurgico più grande d’Europa, continua a produrre diossina e a far ammalare la gente e le regala il triste primato di città più inquinata del continente.
I dirigenti dello stabilimento continuano a sostenere che i dati in loro possesso parlano di diossina ampiamente nella norma e, soprattutto, di assenza di morti e malati direttamente riconducibili all’attività dell’azienda.
Dunque i malati di tumore, le facciate dei palazzi ricoperti di polvere rossa e l’acre odore, che non puoi non sentire quando arrivi a Taranto, secondo i dirigenti dell’Ilva non esistono.L’Ilva occupa circa 12.000 persone e rappresenta lo snodo dell’economia tarantina. Per contro la logica del profitto applicata da Riva ha fatto sì che la sicurezza ambientale fosse un elemento di secondario. E le amministrazioni locali e nazionali non hanno vigilato come dovevano. Il risultato è drammatico e allarmante.
L’associazione Peacelink ha diffuso i dati di un dossier con la graduatoria delle province più inquinate. La capolista indiscussa è Taranto. In particolar modo sono gli abitanti del quartiere Tamburi ad essere i più esposti: oltre ai fumi, anche alle polveri dei parchi minerali dell’Ilva, vere e proprie colline di minerale non coperte le cui polveri sottili si insinuano ovunque. Ovviamente il quartiere vanta il triste primato di patologie tumorali all’apparato respiratorio, con un’incidenza molto superiore al dato nazionale.
Intanto la città, fortemente provata tra le altre cose dal dissesto finanziario provocato dalla gestione del Popolo delle libertà, prova a reagire. Così nei giorni scorsi il TAR ha accolto il ricorso presentato dal Comitato cittadino referendario per la tutela della salute e del lavoro “Taranto Futura”. Con il provvedimento del Tribunale, il Comune di Taranto ha l’obbligo di indire entro 3 mesi un referendum sulla chiusura dell’Ilva, e sul successivo impiego dei lavoratori nelle opere di smantellamento e riconversione degli impianti.
Losappio, assessore all’ambiente della regione Puglia, ha ribadito ai dirigenti dell’Ilva che se gli stabilimenti non ridurranno l’emissione di diossina al di sotto di un nanogrammo per metro cubo, la Regione non firmerà l’Autorizzazione Integrata Ambientale. (Ma perché ancora i politici soccombono al potere Riva? Se la legge europea dice che il consentito è 0,40 nanogrammi per metro cubo, perché proporre, come miglioramento 1 nanogrammo?). Bisogna dire basta, ora non se ne può proprio più di respirare la morte per vedere Riva ancora più ricco sulle morti dei tarantini.
L’Ilva è una delle maggiori fonti di diossina del continente. Il 92% delle emissioni di diossina Italiane vengono respirate dai tarantini. Alcune aziende zootecniche sono state costrette a chiudere, per via della diossina. Taranto e’ tra le zone con la maggior incidenza di tumori del Sud Italia e la percentuale di tumori ai polmoni supera di molto la media nazionale.
Bisognerebbe davvero finirla con l’Ilva, ma non siamo contro gli operai; infatti convertire l’area siderurgica in un parco naturale dura 40 anni ed i posti di lavoro dovrebbero essere tutelati e i lavoratori impiegati nello smantellamento del polo siderurgico.
Ma per fare questo occorre prendere decisioni forti e contro i poteri precostituiti dalla “Casta dei potenti di Taranto”.
Con la speranza e l’augurio che le coscienze si risveglino, che capiscano che bisogna fare sacrifici, che pensino al futuro dei nostri figli.


Pino Ciraci

Nessun commento: